L'esercito silenzioso che sta mandando avanti l'Italia
BlogArticolo scritto da Elisabetta Bracci - 10.04.2020
lettera aperta a chi nel comparto servizi sta ogni giorno in prima linea
L’Italia non è tutta ferma, va a due velocità, oggi più che mai: #iostoacasa non vale per tutti e non vale tutto il giorno.
Ci sono persone che ogni mattina si alzano, si vestono di abiti e mascherine (a volte fai da te), guanti e autocertificazione. E poi escono. Perché loro il comprovato motivo ce l’hanno: vanno a lavorare. Un lavoro che non si può fermare e non si può svolgere in modalità agile, spesso per il bene del Paese.
Il colore della pelle, la nazionalità di origine, il genere, la scolarizzazione, l’età non sono più una discriminante davanti alla paura: forse ci voleva un virus per capire che siamo tutti uguali, che siamo tutti imperfetti.
Pensiamo ai corrieri, operai, elettricisti, farmacisti, facchini, pubblici ufficiali, forze dell’ordine, autotrasportatori, medici, infermieri… Sono formiche laboriose che ci permettono di fare la spesa online o ricevere i farmaci che ci servono. Sono ad esempio quelli che eseguono pulizie e manutenzioni in quegli stessi ospedali dove neppure i parenti dei degenti possono più entrare.
Sono un esercito di silenziosi, perché non hanno il tempo di lamentarsi di quanto sia difficile stare chiusi in casa o sia complicato gestire figli e familiari che fino a ieri, per ovvie ragioni lavorative, erano demandati a badanti, nonni ed educatori. Non se ne lamentano perché loro a casa non ci sono.
E ogni giorno, quando le ore di lavoro sono finite, non sanno fino in fondo se sono contagiati o no. Sono silenziosi davanti alla lamentela della noia quotidiana perché hanno altro a cui pensare: devono capire, mentre lavorano, come evitare di infettarsi e di infettare gli altri. Qui muoiono anche 400 persone al giorno e non si scherza più.
A nulla vale il distanziamento sociale ottenuto con la chiusura di esercizi commerciali, luoghi di cultura e di culto, scuole e società sportive, se poi ogni giorno molte persone devono continuare a lavorare. Le società lombarde che gestiscono i mezzi pubblici si sono trovate a dover potenziare le corse, in un primo momento ridotte, a causa dei problemi di afflusso, e si pensa di chiudere a intervalli regolari i tornelli della metropolitana di Milano per ridurre gli assembramenti.
Penso che questo periodo debba essere foriero di larghe dosi di una pazienza attiva, intesa come l’arte di accettare le contingenze e riadattare la propria vita rispetto a quello che si può fare, non a quello che si vuole fare. La pazienza come valore, come respiro nella scomodità, come accettazione proattiva. La pazienza che fa riattivare l’attenzione e permette di riscoprire emozioni in azioni e circostanze che credevamo impossibili. La pazienza che ci costringe ad ascoltare ed ascoltarci. E a furia di ascoltare e ascoltarci potremmo anche magicamente sorprenderci di quanto abbiamo ogni giorno. E ce ne accorgiamo ora che non lo abbiamo più? Meglio tardi che mai. E questa strana cosa, la gratitudine, potrebbe anche diventare un bel sentimento. Perché oggi, che siate sul divano o in telelavoro, che siate in preda a una skype call o a un paio di figli scatenati, avete, abbiamo, ancora tantissimo di cui essere grati, tra cui l’esser grati all’esercito dei silenziosi.
Coltiviamo, sui nostri davanzali, semi nutriti di attenzione, gratitudine e pazienza, riscoprendo ritmi nuovi di vita e di pensiero. E mi auguro che le Istituzioni coltivino sempre più il seme del diritto alla vita, concedendo a questo esercito di silenziosi di stare a casa o di essere correttamente protetti.
Mi chiamo Elisabetta e sono la moglie di un silenzioso, amica di tanti silenziosi. Sono una privilegiata, perché io posso lavorare con un pc e uno schermo, seduta nel mio studio. Ma ogni sera, ogni singola sera, mi chiedo se posso abbracciare mio marito e se domani starà bene. Nessuno si salva da solo, ricordiamocelo.